Fisioterapia

“Flessioni” come predittore del rischio cardiovascolare?

Introduzione

Una buona notizia per tutti i runners e per tutti coloro che ogni anno devono risottoporsi alle prove da sforzo per poi sostenere attività sportive agonistiche ,avviene da dei ricercatori di Boston. Infatti questo nuovo studio individua un nuovo indicatore della performance cardiovascolare nonché un affidabile predittore del rischio di sviluppare una cardiopatia negli anni successivi.

Il nuovo indicatore è dato dal numero di piegamenti sulle braccia (volgarmente chiamate flessioni) che un uomo riesce a fare. Lo studio è stato sviluppato, dalla Harvard’s T.H. Chan School of Public Health di Boston- seguendo e analizzando 1000 vigili del fuoco di sesso maschile seguiti per 10 anni. I ricercatori con a capo il Dr. Justin Jang hanno riscontrato che il rischio di aterosclerosi e di eventi avversi cardiovascolari risultava essere il 96% inferiore in tutti i vigili che riuscivano a completare 40 o più piegamenti durante un test a cronometro rispetto ad un gruppo di controllo in cui i partecipanti riuscivano ad eseguire solo 10 ( o meno) piegamenti.

Naturalmente, come osserva il capo ricecatore Yang, “l’utilizzo dei piegamenti potrebbe essere un metodo semplice efficace e senza costi, per valutare sia la capacità funzionale di una persona sia predire il rischio di eventuali eventi avversi a livello cardiovascolare. Oltretutto è rapidissimo se confrontato con molti test da sforzo , che spesso danno risultati variabili, poiché può essere fatto ovunque e in meno di un minuto,

Ma come si è svolto lo studio?

Materiali e metodi

Il tipo di studio viene denominato studio di coorte retrospettivo e durante il periodo che intercorre fra il febbraio del 2000 e il novembre del 2017 1104 vigili del fuoco dello Stato dell’Indiana sono stati analizzati per cercare di individuare dei predittori di una cardiopatia.

Sono stati rilevati, oltre al numero di piegamenti, altri valori come ad esempio: l’altezza, la frequenza cardiaca a riposo, i livelli di colesterolo, i livelli di glicemia la V02 (ossia il tasso massimo di ossigeno consumato da una persona durante un esercizio fisico intenso), il BMI (indice di massa corporea), lo status di fumatore.

Risultati

Dei 1562 partecipanti iniziali 1104 avevano caratteristiche tali da poter partecipare allo studio. L’età media del campione è risultata essere di 36,6 anni (DS 9,2) con un BMI medio di 28,7 (DS 4,3). Durante i 10 ani di follow up 37 persone hanno sviluppato un problema cardiovascolare.

Nessuna associazione statisticamente significativa (ossia che abbia un riscontro reale) è stata riscontrata fra l’aumento della capacità di svolgere l’esercizio fisico del piegamento e qualsisi tipologia di patologia cardiovascolare.

Mentre, quando i ricercatori hanno comparato le persone capaci di svolgere più di 40 flessioni nei confronti di quelle capaci di svolgerne meno di 10 è stata riscontrata associazione, statisticamente significativa, che ha mostrato un minor rischio di sviluppare accidenti cardiovascolari nelle persone più performanti (ossia quelle capaci di svolgere almeno 40 flessioni).

Conclusioni finali e rilevanza clinica

La nuova scoperta suggerisce che una capacità basale di svolgere molte flessioni è associata ad una riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari. Benchè per confermare questa scoperta si rendano necessari studi più allargati e svolti su coorti diverse , la capacità di svolgere flessioni può essere una misurazione , a costo zero, per valutare lo stato funzionale di una persona.

Quindi da domani, tutti a fare flessioni 😉

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30768197

3 pensieri su ““Flessioni” come predittore del rischio cardiovascolare?”

  1. Interessante ma non vorrei fosse un caso di “correlation vs. causation”. E comunque 28 di BMI come media tra i vigili del fuoco dell’Indiana tanta roba 😂

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